martedì 4 settembre 2012

Santi


"Ma si può vivere così? Stritolando i giorni, le ore, gli anni. Indicibile sabba del fare, sulle tracce immaginate di un mondo del dopo: dopo che sarò ricco sfacciatamente, o almeno abbastanza, e famoso da sfolgorare, o almeno quel che basta per non essere nessuno, e potente in modo smisurato, o almeno un po’, su qualcuno, almeno su qualcuno. Ti prego, cielo svuotato che non guardo, ti prego. Attesa sciatta di un miracolo pagano in cui non si crede. Lotterie in cui si estenua il desiderio.
E poi dissipare rapporti e affetti. Comandati ad abitare un nulla tremendo senza gioia e leggerezza, che non vede chi resta inchiodato a un’attesa senza risposta.
E non vede il male. Oggi accettato, esibito, sfacciato, indecente come un corpo disfatto dalla povertà che si ignora, o rifatto pezzo per pezzo dalla ricchezza che si ostenta.
Non vede il mondo di merci che afferra empiamente, usa, stritola e butta senza badare. Cose e persone. Alla ricerca di un perenne perdere la nostra lucidità. Per continuare a non vedere, per non sapere.
Santi vogliamo. Santi implacabili. Separati, come vuole la divina genesi della parola, saperati dal sentire banale di una normalità serrata di giudizi e paure. Separati dall’ineluttabile: che ci posso fare. La vita è così. Io sono così. Obbedienti a una normalità ovvia, tutta lì, in quel che capita perché lo abbiamo lasciato capitare.
Santi separati per amore, solo per amore.
Non santi barocchi dagli occhi devotamente rovesciati lontani dal mondo, ma santi laici, anche agnostici e dubbiosi, ordinari di umanità quotidiana che ad occhi aperti con spoglia ostinazione e azione severa resistono e resistono e dicono no, qui il male non passa. Qui, ora, adesso, il male grande che vedo e non nego qui si ferma, attraverso di me non passa. Piccolo credere che in me il male muore ogni ora, sorvegliata come se fosse l’unica estrema incantata ora della mia e nostra vita: non esibisco ricchezza in faccia a chi non ha, non pratico arroganza, non rimando il povero al suo aspettare solitario.
E questo in tutti i nostri giorni finalmente risanati da oltraggi che il silenzio del mondo fa intollerabili, giorni lunghi di rapporti da custodire nelle parole che abbiamo scelto una ad una per il suono di carenza da ricordare quando arriva l’assenza inattesa.
Santità di fuoco e tremenda, come nella Scrittura, dove brucia quel che deve e rimane quel che è necessario.
Santi segreti che non vanno sui calendari, riconosciuti solo da chi sta accanto e ha ricevuto, lui proprio lui, la sua parte di giorno felice, restituito a se stesso dal sollievo di un dire e fare che libera la nostra comune umanità.
Santi creatori di mondi in cui niente è estraneo e il calpestare per caso la terra diventa un pensoso e immaginabile costruire. Il mondo presente, l’unico nelle nostre mani.
E creatori anche del mondo promesso.
Da noi ai nostri figli.
E promesso anche da un cielo che scopriamo forse abitato, che si scruta ora umanamente, senza paura. In un riconoscesi senza dire.
Discreto vedersi e sapersi alleati.
Finalmente senza paura.
Perché insieme è nulla la paura".
(MariaPia Veladiano)