lunedì 16 luglio 2012

Come bambini


La mia caldaia ha subito un guasto.
Così ho passato un paio di settimane senza acqua calda.
Vabbé, è estate.
Con un idraulico e i suoi ritardi inguaribili e un paio di tecnici in anticipo sull’orario concordato.
Inguaribile sembrava pure il guasto.
Nessuna delle diagnosi si è trasformata in terapia efficace.
Finché un tecnico ha intuito che il problema stava in un collegamento sbagliato.
Un errore da stupidi e un problema ben più piccolo rispetto a quello prospettato.
Una scoperta che lo ha del tutto esaltato.
Ho visto un uomo trasfigurato dalla riuscita del suo lavoro, compiacersi del suo risultato (“adesso – ho pensato a un certo punto – si toglie la maglia e va sotto la curva dei tifosi”), come un bambino.
Per me un bel regalo, più gradito del ritorno dell’acqua calda.
Come un bambino. Credo il più bel complimento che si possa fare a un uomo.

lunedì 9 luglio 2012

Ali


"Non poteva essere una talpa. Però non si sentiva un’anatra.
Fu così che cominciò a pensare di non essere niente.
Non sono questo, non sono quello. Dunque, non sono… nessuno.
Ripensò a tutta la sua vita. Non aveva trovato sua madre pantofola, non aveva sposato un castoro (che poi era l’unico castoro a non voler fare il castoro), non era diventata un pipistrello, non viveva con le gru, non aveva più un fidanzato…
Si accorse che la sua vita era stata un serie di non. Non aveva nulla, e non era nulla.
Quando finalmente acquisì questa certezza, divenne nessuno. Cioè qualcuno non si sa ben cosa. Si tolse il pensiero di essere qualcosa di specifico e fu semplicemente qualcosa di indefinito: nessuno. Che poi sarebbe quel che saremo tutti quanti, se solo vivessimo in un mondo di talpe: se la gente non ci vedesse, noi potremmo felicemente non esser un bel niente e non stare neanche tanto a chiedercelo, che cosa siamo o non siamo. Bisognerebbe solo che la gente tenesse gli occhi chiusi. O che tutti quanti vivessimo nel mondo delle talpe. Semplice!
Questo pensiero di non essere nessuno, la tranquillizzò non poco. Le diede un grande senso di pace e di liberazione: cominciò ad andare per strada volando a un metro da terra. Cosa che le permise di accorgersi di avere le ali. Cosa di cui, presa dall’ansia di essere qualcuno, non si era mai accorta.
Era come se di colpo si fosse ricordata di una cosa importante. Le aveva viste tempo fa, le ali, sulla foto del libro che la maestra Tolmer le aveva mostrato a scuola. Aveva a lungo rimirato quella foto, se n’era fatta una fotocopia e se l’era studiata per bene, ma poi, chissà perché, se n’era dimenticata.
Si ricordò d’aver letto che le anatre, se vogliono, possono volare molto lontano, anche fino in Africa, se vogliono. Lei non voleva andare in Africa, voleva solo volare un po’. Non era più convinta di essere un’anatra, però, essendosi ricordata di avere le ali, un bel giorno cominciò a volare.
Volava un poco tutti i giorni, ogni volta facendo un tratto più lungo. Volare le sembrò la cosa più naturale del mondo e si stupì di non averlo fatto prima.
Volò fino al mare e, quando lo vide da lontano, le sembrò la cosa più bella che le fosse capitata nella vita. Ci volò sopra per giorni, riempiendosi gli occhi di azzurro.
Ecco, pensò, se non mi fossi accorta di non essere nessuno, non m sarei mai ricordata di avere le ali.
E se non mi fossi ricordata di avere le ali, non avrei mai incontrato il mare".

(P. Mastracola, Che animale sei? Storia di una pennuta, Guanda, Parma 2005)