lunedì 13 agosto 2012

L'uomo che cammina


A volte penso al giro dell’oca.
Un gioco semplice e innocuo che ha la capacità di distorcere fin da bambini la percezione del reale.
Forse perché mi pare di stare dentro questa spirale che ora finalmente considero falsa.
Un cammino non lineare, ma a spirale appunto, dove a parità di casella capita di stare a fianco di chi è avanti un giro, due giri.
Già, chi è avanti e chi è indietro, chi va avanti e chi è rimandato indietro.
Il gioco – è noto – si conclude quando il primo entra nell’ultima casella, dopo quella danza avanti e indietro, dentro e fuori negli ultimi numeri che a tutti un po’ è toccata.
Ora so che quello del giro dell’oca è una tentazione, di cui peraltro vive il mondo.
Quella di poter misurare chi sta avanti e chi indietro, chi è riuscito nella sua vita e chi no.
Mi torna alla mente una pagina di Bobin:
“Cammina. Senza sosta cammina. Va qua e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si direbbe che il riposo gli è vietato (…).
Se ne va a capo scoperto. La morte, il vento, l’ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo. Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera. Che la morte è nulla più di un vento di sabbia. Che vivere è come il suo cammino: senza fine.
L’umano è chi va così, a capo scoperto, nella ricerca mai interrotta di chi è più grande”.
(C. Bobin, L’uomo che cammina, Qiqajon Bose)
Avessero inventato un gioco che misura i passi invece dei risultati, che uomini saremmo?

6 commenti:

  1. Mi stupisco sempre quando gli adulti aprono gli occhi su cose scontate,come il peregrinaggio della vita ela naturalezza del suo evolversi!
    Eppure in questo andare ritmato che passa da uomo a uomo ci sono minuscoli attimi che lo rendono unico per ciascuno,come l'attimo di gioia e di sorpresa,provato per se stesso dall'idraulico che ha risolto il problema alla sua caldaia,quell'attimo che forse dimenticherà presto sarà solo suo,non sarà mai di un suo discendente,che sicuramente percorrerà più o meno lo stesso giro sul tavolo del gioco dell'oca!!!!E in ogni caso anche se può suonare "falso" non è intrgante e allo stesso tempo consolante?

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  2. I passi che facciamo determinano sempre un risultato (giusto o sbagliato).
    Già nell’infanzia il gioco ha le sue funzioni formative, socializzanti e con esso coltivare il campo dei valori.
    Il brano riportato specificatamente parla di “LUI” ed auspicabile prenderlo ad esempio, ma per noi, pur con tutta la buona volontà, in certi ambiti, credo non sia facile.
    Nonostante ciò cammino da molto “nella ricerca mai interrotta di chi è più grande”.
    Tutto sommato siamo emigranti dell’anima, senza bagagli !

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  3. Forse la tua riflessione sul “gioco dell’oca” può valere per un giovane. Superata la soglia della sessantina non ci si può illudere che la vita sia soltanto davanti, che si possa godere di essa come se si fosse appena nati. C'è stato un prima, ed è quel prima a indicare la direzione dei giorni a venire.
    (…) di S. Tamaro
    Nessun essere umano desidera venire al mondo. Un bel giorno senza esser stati interpellati ci troviamo buttati sul palcoscenico, alcuni di noi ottengono la parte del protagonista, altri sono semplici comparse, altri ancora escono di scena prima della fine dell'atto o preferiscono scendere e godersi lo spettacolo dalla platea-ridere, piangere o annoiarsi, secondo il programma del giorno.
    Perché nessuno ci suggerisce i punti in cui fare attenzione? Qua il ghiaccio è più fino, là ha più spessore, procedere, deviare, arretrare, fermarsi, evitare. Perché dobbiamo sempre portarci dietro il peso dei gesti non fatti, delle frasi non dette? Quel bacio che non ho dato, quella solitudine che non ho abbracciato. (…)
    Ecco si procede passo dopo passo senza pretese arrivistiche, ma apprezzando maggiormente le cose che giorno per giorno la vita ci riserva.
    Purtroppo, parlo per me, lo si capisce poi.

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  4. Non è un gioco, ma esiste il contapassi, uno strumento che può essere utile per i podisti.

    Fatico a pensare, in determinate situazioni, che non si debba tenere conto dei risultati.

    Anche la cronaca di questi giorni (pur non condividendo ) fa riflettere sull’accaduto alle Olimpiadi: quanto può contare il risultato?
    In una intervista l’atleta dichiara:
    “Ho a casa quattro medaglie, ma la vita è tutt'altro. È assurdo perdere parenti e amici per andare più forte in una gara”. Alex Schwazer

    E il nostro cammino verso Cristo, non è tutto sommato un risultato a cui aspiriamo?

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  5. Ho letto la riflessione accanto alla tua foto:mi piace!

    Di rimando ho trovato questo racconto.

    "Una tartaruga e una lepre gareggiavano ad una corsa; la lepre disse alla tartaruga di essere lenta e non abbastanza potente per arrivare prima, la tartaruga ascoltava l’argomentazione. Inizialmente discutevano riguardo il giorno e il luogo della gara, poi partivano. La lepre non si preoccupava di correre per la corsa alla vittoria e durante il percorso dormì, la tartaruga tardava, ma camminò senza interruzioni; in questo modo sorpassò la lepre e andò verso il trofeo della vittoria. La favola mostra che la fatica e la perseveranza ottengono sempre la vittoria."

    Ma quanti di noi sono più lepri che tartarughe?
    Specialmente quando si è giovani, c'è una frenesia che ti spezza le forze, ma continuiamo imperterriti....

    Difficile imparare a camminare come la tartaruga, almeno per me. Sono stata una lepre che da pochi anni ha messo la marcia di bassa!

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  6. Questo è un aforisma al caso:

    "Non c'è cammino troppo lungo per chi cammina lentamente, senza sforzarsi; non c'è meta troppo alta per chi vi si prepara con la pazienza".

    Jean de La Bruyère, I caratteri, 1688

    Debbo dire però che nel 1688 la vita era MOLTO più lenta di oggi...


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