Ho tra le
mani un libro preso in prestito dalla biblioteca comunale.
Qualcosa
di insolito, abituato come sono a comprare libri in abbondanza.
Un libro
molto usato, tenuto insieme da strisce di scotch.
E con le
pagine imbrunite dal tempo e dalla polvere, più scure sui bordi, come lingue di
gatto.
Un libro
segnato e sottolineato da colpi di matita, orizzontali e verticali, in un
codice a me sconosciuto.
Resisto
alla stizza della scoperta e allo stigma moralizzatore.
Certo,
non si segnano i libri di una biblioteca.
Chissà,
forse è stato donato alla biblioteca già usato, o forse no…
Quello
che ho tra mano però è così.
Del resto
anch’io – ne avessi una copia mia – l’avrei chiosato in tante pagine, come
campo su cui passare l’aratro della matita.
Invece ho
un libro che non è mio.
Passare
una matita è per me il tentativo ingenuo e impossibile di appropriarmi delle
parole che leggo, in cui mi rispecchio almeno per un attimo.
So che è
così, anche quando cedo alla tentazione di farlo. Così quando lo riapro nel
tempo, ritrovo le parole chiave – mi dico –, lo specchio che mi restituisce
quel che oggi vedo sotto la punta della mia matita.
Eppure
rimane una distanza abissale tra le parole che si leggono e quelle che si
scrivono, scorrono ere tra le parole di altri e le proprie quando non vogliono
essere citazione o riciclo di quelle altrui.
Assomigliano
più ai tempi di una gestazione, che non a quelli di una digestione.
Sotto la
punta della mia matita si nasconde (ma si vede) tutta l’ingordigia di
conoscere, la cupidigia dell’accumulo che non conosce sazietà, la presunzione
di non dover attraversare tempi e stagioni senza parole perché già ne esistono,
pronte all’uso e alla violenza dell’abuso.
Il libro tra le mani non è mio, per fortuna di entrambi. Leggo un libro e leggo insieme l’autore che l’ha scritto, il personaggio che è narrato, la sottolineatura di chi l’ha letto e il mio stare in questo continuo intreccio di mondi, approdando all’una e all’altra costa di un’unica terra.
Ricordo gli anni della scuola quando come "compiti delle vacanze" ci segnalavano libri da leggere. Lo trovavo un compito noioso.
RispondiEliminaLa lettura l'ho riscoperta piacevolmente da grande, forse dovevo maturare, anche perchè i libri me li scelgo io.
Cito questo pensiero che mi piace:
Se leggerete con " calma e serena consapevolezza", vi accorgerete che,nei momenti in cui vi sentite più rilassati,non state tanto leggendo un libro, quanto piuttosto facendo visita a un vecchio amico.
Bruce Lee - Il Tao del Dragone