Mi è
capitato di ascoltare qualche giorno fa nella rubrica di Oscar Giannino su
Radio 24 Nove in punto. La versione di Oscar* una chiacchierata con Giampaolo
Pansa, a corredo della presentazione del suo ultimo libro Tipi sinistri.
Sono
rimasto raggelato da una considerazione compiaciuta dell’ospite: ”per fortuna
questo è un paese per vecchi”.
Il tono
della chiacchierata lo si trova facilmente in qualsiasi bar.
In
effetti questo è un Paese dove regna la gerontocrazia, difficile negarlo. Basta
guardarsi in giro.
La
questione non è che sia una battuta di Pansa, ma che è l’aria che tira.
Nei punti
chiave ci possono stare solo uomini maturi, meglio se stagionati.
A
dispetto della più banale logica di madre natura, e sfidando ogni regola di
buon senso.
La
presenza inamovibile dei maturi – in ogni ambito, nell’economia e nella
politica, nel mondo del lavoro e nella scuola e nella Chiesa –, mi da a
pensare; quando si veste di tracotanza mi fa pena.
Traspare
l’arroganza di essere insostituibili.
A
dispetto delle leggi di natura dove i frutti maturi non restano sulla pianta,
ma cadono.
Farsi da
parte è un passaggio ineludibile nella vita di ciascuno.
“Farsi da
parte” è differente da “essere messi da parte”: chiede una forza propria, non la
costrizione degli eventi.
Il nostro
non è un Paese per padri: per questo credo sia un paese per vecchi.
Ci domina
la logica dell’occupazione.
Abbiamo
gli occhi protetti per vedere solo chi ci sta davanti, perché la corsa sia più
spedita. Ma verso dove? Non importa, un pezzo più in là, un pezzo in più del
mio collega, del mio vicino, del mio chiunque. Basta che sia in più.
Non riusciamo
a vedere di lato e neppure dietro, solo davanti.
Come
cavalli lanciati all’impazzata in una folle corsa.
Impossibile
guardare le generazioni che ci seguono: ciascuno badi a sé.
Sogno un
Paese per padri. E per figli.
In questa logica, il vero dramma consiste nel fatto che uno è il ruolo che riveste.
RispondiEliminaIl venir meno del ruolo annienta.
C’è sempre un oltre verso il quale tendere.
Se si imposta l’esistenza in funzione del “posto da occupare” l’altro, in particolare il giovane, appare come una minaccia perché potrebbe rivelare che nessuno è indispensabile.
Tale dinamica è ancor più triste quando la si esercita in ambiti che, per definizione, dovrebbero
essere riconducibili alla dimensione del servizio.
C'è forse anche il dramma di alcuni giovani che, come dice Manuela, impostando la loro vita sul "ruolo" da assumere o sul "posto da occupare", non migliorano, non cambiano nulla; semplicemente si adeguano. Nella mia esperienza di insegnante ho dovuto constatare come le insegnanti giovani immesse in ruolo, anziché portare innovazione nella didattica, chiedevano semplicemente alle insegnanti anziane . . . "concretamente, come si fa?". Purtroppo verifico la stessa situazione anche nell'ambito della chiesa: i preti giovani sono più "vecchi" degli anziani (tranne uno).
RispondiEliminaForse siamo a questo punto proprio perché il nostro è un mondo di vecchi e non di padri.
Fortunato
<tz caro signore lei è troppo pieno di sè e certamente disturbato. Qualche problema su argomenti interessanti. Un giretto da uno psichiatra no?
RispondiEliminail commento del 15 maggio ha la sensibilita' simile a quella di un elefante che entra in cristalleria
EliminaAnonimo del 15 maggio: sentenziare sempre, è indice di supponenza e ciò è irritante. Sarebbe meglio discutere.
EliminaCaro Anonimo, un blog è uno spazio di discussione di temi proposti dai post. Li si può condividere o meno, apprezzare o no, si possono approfondire o aprire a ulteriori considerazioni. Si discute sul tema proposto, non su chi lo scrive o su chi lo commenta. E' un blog, non un ring. Perché siamo in una società civile.
Eliminasto vivendo dentro un dramma familiare e lavorativo mosso proprio dalla mancanza di coraggio e di saggezza necessari per farsi da parte. Come è vero ciò che descrivi! E che tristezza doversi confrontare con tutto ciò e non trovare una via d'uscita...
RispondiEliminavirginia
Vorrei condividere il Tuo sogno, ma da un po' di tempo vedo solo il bicchiere mezzo vuoto. Ieri a Brescia si è consumata l'ennesima disgrazia: un padre di 41 anni SENZA lavoro si è ucciso insieme ai figli!! Oltre la gerontocrazia c'è da considerare anche la precarietà del lavoro che non è poca cosa.
RispondiEliminaE cosa diciamo anche sui "padri separati" ?? (una questione che ho vissuto stando accanto ad un parente ).
Ma forse l'argomento esula dal titolo. Posso solo confermare che per il momento qui "NON E' UN PAESE PER PADRI".